Tuesday, November 27, 2007

Responsabilità oggettiva?


Tutte le fotografie di questo articolo sono state scattate dal sottoscritto il 23 Gennaio 2006 a Potočari, Bosnia-Erzegovina.

Il Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia (ICTY) presieduto dal giudice Fausto Pocar ha oggi dichiarato ricevibile la citazione in giudizio avanzata nel Giugno scorso da alcune donne di Srebrenica nei confronti del contingente olandese dell'ONU di stanza nella località. Secondo l'accusa, i caschi blu si sarebbero resi responsabili di gravi negligenze, non ostacolando l'eccidio commesso nei giorni successivi all'11 Luglio 1995 dalle milizie serbo-bosniache, quando diverse migliaia di civili bošnjaci (musulmani bosniaci) vennero trucidati.


In base alla risoluzione 819 (1993) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, un battaglione olandese (Dutchbat) inquadrato nelle fila della UNPROFOR era stato stanziato nella segheria di Potočari, alle porte di Srebrenica, una énclave musulmano-bosniaca completamente circondata dalle truppe della VRS (l'esercito della Republika Srpska) che venne dichiarata safe area.




Dopo due anni di assedio da parte della VRS, la situazione si deteriorò definitivamente nella primavera del 1995. Una serie di errori nella linea di comando della UNPROFOR e l'ambiguità delle regole di ingaggio per i caschi blu resero possibile che il battaglione si lasciasse disarmare praticamente senza colpo ferire da parte delle truppe serbo-bosniache che mossero alla cattura della cittadina tra il 7 e l'11 Giugno 1995.


Nelle ore immediatamente successive (di cui questo articolo offre una ricostruzione esauriente e documentata), le truppe della VRS procedettero al rastrellamento e al massacro di circa ottomila civili musulmani bosniaci, perlopiù gettati in una serie di fosse comuni.
La corte internazionale, secondo il suo corso, stabilirà se nella condotta del contingente olandese sia ravvisabile qualche rilevanza sotto il profilo penale.
La memoria storica, la mia perlomeno, non potrà fare a meno di rimanere con qualche dubbio spinoso relativamente all'atteggiamento dei caschi blu. Rimane difficile non provare sensazioni contrastanti di fronte ai graffiti lasciati dal contingente olandese sulle mura del loro quartier generale: si noti cosa scrivono nei confronti delle stesse persone che erano chiamati a difendere.

Il mio culo è come quello di un "indigeno". Puzza allo stesso modo.
Bosnia 1994.


Niente denti...? Baffi...? Puzza di merda...?
Ragazza bosniaca!



Un ufficiale del battaglione sembra aver lasciato sul muro un abbozzo di diario di guerra. Le annotazioni più recenti sembrano essere state cancellate dall'umidità.


March 1994
Sergeant Raayen and the rest of the Stafkitchengrp
11st airborne leave Lukavac (Bosnia) for Srebrenica
All I know of the situation is that there has been a breakthrough
and we have to get there
Sgt. Raayen

16:00 - 22 March 1994
The vanguard of the Stafkitchengrp 11st airborne arrives at Poto
čari

08:00 - 1 April 1994
5 km to the South, the 11th Stafcompany airborne
is speeding to the rescue of Srebrenica
The orders are simple: "Drive like hell"

3 April 1994
Ammunition is starting to run out

17:00 - 5 April 1994
The punishment starts, Srebrenica is pounded by the Serbian artillery
During the night the airforce bombs out

19:00 - 6 April 1994
Convinced that reinforcements are being parachuted
the 11th Staf and Bravo company airborne...


Per saperne di più:


(ICTY) Prosecutor v. Radislav Krstić

Friday, November 23, 2007

A tutto gas


Parrebbe che nella politica italiana ultimamente non si parli di altro che di simboli di partito. Prima l'ennesima berlusconata, che ancora non si capisce bene se sia stata un geniale colpo di teatro o una colossale zappata sulle gonadi. Poi Uòlter, che ha presentato il nuovo logo del PD. Infine, leggo oggi su Repubblica che Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Verdi e Sinistra Democratica (i quali non hanno ancora ben deciso cosa vogliano fare da grandi) hanno già iniziato a scontrarsi sul simbolo della nuova formazione politica unitaria, ancora prima degli stati generali previsti per il 9 Dicembre prossimo.

Nel mentre, il fatto più importante della settimana è ovviamente passato in sordina. A Mosca, Paolo Scaroni (amministratore delegato di Eni) e Alexej Miller (CEO di Gazprom) hanno firmato l'accordo per la costituzione della società paritetica South Stream, incaricata di progettare e costruire il gasdotto che dovrà attraversare trasversalmente il Mar Nero dalla stazione di compressione di Arhipo-Osipovka, in Russia, al porto di Varna, in Bulgaria. L'accordo fa seguito al memorandum di intesa siglato il 23 Giugno scorso a Roma, con la presenza di Scaroni, del numero due di Gazprom Aleksandr Medvedev, e del ministro per lo sviluppo economico Pier Luigi Bersani. Il nuovo progetto prosegue la cooperazione instaurata con Blue Stream, il gasdotto che si estende per 1213 km da Izobil'nyj, in Russia, a Samsun, in Turchia e che è stato inaugurato il 18 Novembre 2005 alla presenza di Putin, Berlusconi e Erdoğan.


Il riscaldamento delle case italiane è assicurato (compreso il fatto che io possa assurdamente continuare a girare per casa in maglietta), ma la notizia non è stata presa per niente bene a Londra, Parigi, Bruxelles e Washington, che, per motivi affatto diversi, temono una eccessiva dipendenza dei mercati energetici europei dalla Russia.
In settimana, un alto dirigente della compagnia turca Botaş si è affrettato a spiegare che l'azienda, pur non volendosi porre in contrasto con Gazprom, intende contribuire ad una maggiore competitività nel settore attraverso la diversificazione delle forniture. Per questo, Botaş punta sul progetto Nabucco, che nel 2012 dovrebbe collegare la Turchia all'Austria passando attraverso i Balcani, e il South Europe Gas Ring (ITG-IGI), che nel 2012 dovrebbe collegare la Turchia all'Italia passando attraverso la Grecia e il Canale di Otranto.


Non è ben chiaro se i fatti faranno seguito a cotanto ottimismo da parte turca. A parte il gasdotto Baku-Erzurum che trasporta il gas naturale estratto in Azerbaijan, il flusso in entrata nella rete turca è costituito in gran parte dal Blue Stream, e quindi è ancora sotto il controllo del colosso Gazprom, sulla cui rete continua a convergere gran parte della produzione di gas del bacino caspico, e in particolare del Turkmenistan.


Nel chiasso generale, infarcito di fatti efferati di cronaca nera, di porno-professoresse di lettere e delle trovate pseudo-securitarie di qualche amministratore locale, non mi risulta che alcun esponente politico o illustre giornalista si sia esposto per porre un quesito o esprimere un giudizio su questo argomento.
Dove ci approvvigioniamo di energia? Quanto ci costa? Esistono delle alternative praticabili? Ma non è forse politica anche questa, molto di più delle surreali sceneggiate mediatiche sul nulla espanso che ci vengono quotidianamente spacciate come "politica", contribuendo poi a un deleterio menefreghismo generalizzato?
Eppure le politiche energetiche incidono pesantemente sullo sviluppo economico generale, sulle politiche ambientali e, non ultimo, sulle relazioni internazionali. L'Italia, attraverso Eni, sta compiendo in questi ultimi anni delle scelte molto nette, peraltro mostrando una sostanziale continuità tra il governo Berlusconi e Prodi (e questa, si noti bene, non è automaticamente una critica al governo Prodi). Forse sarebbe il caso di discutere in maniera informata e consapevole su queste scelte strategiche.
O forse no. Visto l'imbarbarimento generale e l'incapacità montante di condurre un dibattito civile (ossia argomentare le proprie opinioni sulla base di fatti senza insultare o denigrare il proprio interlocutore e senza ricorrere ai più triti e ottusi armamentari ideologici), forse è meglio che alcuni oligarchi informati dei fatti possano decidere in silenzio per tutti, mentre l'orchestrina suona i soliti motivetti da circo equestre. E buonanotte a tutti quanti.
Al calduccio, naturalmente.

Per saperne di più:

Gas to Europe Map (dal sito della Energy Information Administration)

Gasproms große Pläne
(François Gremy)

As the First Tanker Leaves Ceyhan, the BTC Pipeline Expands Further Eastward
(Lili Di Puppo)

Thursday, November 22, 2007

Venezia e l'Islam


Sono riuscito finalmente a visitare l'interessante mostra dal titolo Venezia e l'Islam 828-1797, giustamente allestita nella Sala dello Scrutinio di Palazzo Ducale. Una esposizione come piace a me: compatta, sobria, ridotta nelle dimensioni. Non un test di sopravvivenza fisica e psicologica né uno sfoggio di ego ipertrofici e dell'erudizione dei curatori.
I pezzi in mostra (tessuti, tappeti, vetri, ceramiche, monili, stampe, quadri, miniature) ricostruiscono, tramite lo studio della cultura materiale attraverso i secoli, il complesso intreccio di interazioni tra la città lagunare e i potentati islamici sulle altre sponde del Mediterraneo. Al di là del valore artistico degli oggetti esposti, la mostra ha, a mio avviso, proprio il grandissimo merito di invitare il visitatore accorto a porsi in maniera più articolata la questione delle relazioni interculturali e a soppesare con attenzione quanto le due culture si siano influenzate e suggestionate a vicenda, in un rapporto turbolento ma nel complesso molto fecondo.

Non è mica facile far passare un messaggio del genere in questo momento. Il punto di vista generale sul mondo islamico è formato da improvvisati esperti mediatici (mo' ce sta er probblema dell'islàmme) e da accaniti allamiti/fallaciti, perlopiù incapaci di distinguere tra quanto è avvenuto nel 1219 da ciò che avviene oggi o di distinguere un musulmano che si fa saltare su un treno da un musulmano che il treno lo prende per andare in università o in ufficio. Anche ad essere in buona fede, l'italiano medio è, senza offesa, rimbambito dalle autentiche panzane che gli sono state propinate per anni da sussidiari e libri di testo di grande bizzarria. Nella migliore delle ipotesi, mamma li turchi sono dei panzoni con la barba e la scimitarra che si dilettano ad assediare Vienna prima di tornare ai piaceri equivoci e un po' peccaminosi di hammam e harem visti attraverso l'immaginario europeo (un esempio da manuale di proiezione nell'altro da sé delle proprie più inconfessabili pulsioni). Quanto agli arabi, si sa che hanno i cammelli. Vuoto pressochè totale sulla cultura persiana (chissà perché, pare che non sia esistita prima di Khomeini) e sulle dinastie dell'Asia centrale e dell'India.
Ci vorrebbe un pizzico di prospettiva e qualche buona lettura in più.

Marco Paolini ha descritto, con tutta la maestria di cui è capace, come le Colonne marciane, ossia il portone di ingresso al salotto buono della Serenissima, si aprano in prospettiva verso le distese marine dell'Adriatico e dell'Egeo, mica verso le campagne di Belluno. Sarebbe forse il caso di avvertire i venetisti contemporanei che il Leone di San Marco era la bandiera di una compagine profondamente mediterranea, multiculturale e mercantile, altro che l'orticello padano-alpino-cattolico che certuni sembrano vagheggiare.
Tanto pragmatici sono i mercanti veneziani che nel 1289 preferiscono far cadere Tripoli del Libano nelle mani del sultano mamelucco Qalawun al-'Alfi al-Mansur, piuttosto che accettare che i concorrenti genovesi eleggano un proprio podestà al governo della città, mettendo così in pericolo le loro quote di mercato. Pochi decenni prima, nel 1204, i veneziani avevano istigato la deviazione della quarta crociata dalla strada per il Santo Sepolcro verso Costantinopoli, allora capitale dell'impero bizantino, che viene orribilmente devastata e ridotta in servitù.
Basterebbe guardare
Kingdom of Heaven di Ridley Scott per farsi un'idea di come andarono a finire i regni latini d'Oriente, al di là di tutta la retorica passata, presente e futura. Comunque, non c'è che dire: le Crociate sono state una brillante delocalizzazione di nobilucci in esubero, fanatici religiosi ed esaltati vari che in Europa non creavano altro che fastidio. Ci sarebbe quasi di che rimpiangere che sistemi simili non possano essere utilizzati ai giorni nostri per fornire un utile svago ai cascami di famiglie reali, bigotti vari ed esagitati da stadio.

La battaglia di Lepanto (1571)? Il garrire di gonfaloni e vessilli, gli standardi, le armi lucenti, le galee, gli eserciti? Il comandante della guarnigione di Famagosta crocefisso e scorticato vivo dai malvagi turchi? Tutto vero. Basta però ricordarsi che, pochi decenni prima (1522), il sultano ottomano Solimano il Magnifico ha concluso un trattato con il re di Francia, Francesco I. Mica l'ultimo dei fessi, tanto per dire. Il sultano concede, tra le altre cose, il regime delle Capitolazioni, che assicura ai mercanti "franchi", veneziani, toscani e genovesi tutta una serie di esoneri, privilegi e agevolazioni. Un po' come i contractors americani in Iraq al giorno d'oggi, verrebbe da dire.
Veneziani e turchi si massacrano voluttuosamente per il controllo di Cipro, Candia (Creta) e della Morea (il Peloponneso), ma poi, studiando i saggi di storia economica, si scopre che l'approvvigionamento alimentare di Costantinopoli dipendeva dalla rete di scambi tra grossisti turchi e veneziani. Questi ultimi continuano a costituire con gli altri mercanti e avventurieri europei un intero quartiere di Costantinopoli, quello di Galata (Pera), mentre a Venezia il Fontego dei Turchi accoglie i commercianti islamici (bosniaci, albanesi, turchi, arabi e persiani).

Dice: ma il declino di Venezia non è stata colpa dei turchi? Balle. In estrema sintesi: il declino di Venezia dipende dal declino dell'impero ottomano, il quale a sua volta dipende in parte dal declino delle grandi rotte commerciali via terra tra il Mediterraneo orientale, l'India e la Cina dopo l'apertura delle grandi direttrici transoceaniche. È la globalizzazione, bellezza. E quella non fa sconti per nessuno, nemmeno per la Scuola Grande di San Rocco.

En passant, uno dei pezzi esposti in mostra è un manoscritto medico ispirato all'Avicennae Liber canonis. Un piccolo capolavoro di scienza medica trasmesso dalla cultura islamica alla cultura europea. Al pari di Tolomeo, Ippocrate, Galeno e Aristotele, per fare qualche nome. Senza il tramite dell'erudizione islamica e uno scambio prolungato, irrigato anche dalle relazioni commerciali, la cultura europea non avrebbe, con tutta probabilità, prodotto Tommaso d'Aquino e neppure Marsilio da Padova e neppure il Rinascimento.
Forse sarebbe il caso di ricordarsi ogni tanto delle radici islamiche dell'Europa.

Venezia e l'Islam 828-1797
Palazzo Ducale, Venezia
Fino al 25 Novembre 2007, dalle 9 alle 19.
Ingresso: intero 10€, ridotto 8€.

Per saperne di più:

Sito della mostra

Runciman, Steven. Storia delle Crociate. Torino: Einaudi, 1993. ISBN 88-06-13260-1

Braudel, Fernand. Civiltà e imperi del Mediterraneo all'epoca di Filippo II. Milano: Feltrinelli, 2002.

İnalcik, Halil, and Donald Quataert (eds.). An Economic and Social History of the Ottoman Empire, 1300-1914. Cambridge: Cambridge University Press, 1994. ISBN 0-521-34315-1

Friday, November 09, 2007

"Zang Dar", Nooshafarin

Nooshafarin is an Iranian-born pop singer and former actress, currently based in Los Angeles.
This is the video of Zang-é Dar (زنگ در), one of her latest songs. Somehow, I don't expect this video to be broadcast anytime soon on IRIB channels.



I find interesting that one of the icons of the Iranian (oops, Persian) diaspora in the US seems to have assimilated some of the most debatable aspects of the Western culture, including bleach blonde hair, zoom zoom music and ridiculously expensive mansions with perfect landscaping as a status symbol. If this is the model of society alternative to Ahmadinejad, I probably want neither of the two to win. Peroxide capitalism versus enghelab-é islami. Go figure.

Wednesday, November 07, 2007

October Revolution, 90 years



Siberia, you said?

Sunday, November 04, 2007

Stand up!

When ethnic and cultural stereotypes become so deeply entrenched in the official narrative (including mainstream media) that it is increasingly hard to challenge them, maybe the best thing is to have a few laughs about them, as Iranian-American comedian Maz Jobrani so brilliantly does here:





Blame those Goddamn kabob-eating, MercedesBenz-driving, camel-riding, 711-owning, slurpy-selling, gas-price-raising, uni-browed, hairy-chested motherfuckers!