Venezia e l'Islam
Sono riuscito finalmente a visitare l'interessante mostra dal titolo Venezia e l'Islam 828-1797, giustamente allestita nella Sala dello Scrutinio di Palazzo Ducale. Una esposizione come piace a me: compatta, sobria, ridotta nelle dimensioni. Non un test di sopravvivenza fisica e psicologica né uno sfoggio di ego ipertrofici e dell'erudizione dei curatori.
I pezzi in mostra (tessuti, tappeti, vetri, ceramiche, monili, stampe, quadri, miniature) ricostruiscono, tramite lo studio della cultura materiale attraverso i secoli, il complesso intreccio di interazioni tra la città lagunare e i potentati islamici sulle altre sponde del Mediterraneo. Al di là del valore artistico degli oggetti esposti, la mostra ha, a mio avviso, proprio il grandissimo merito di invitare il visitatore accorto a porsi in maniera più articolata la questione delle relazioni interculturali e a soppesare con attenzione quanto le due culture si siano influenzate e suggestionate a vicenda, in un rapporto turbolento ma nel complesso molto fecondo.
Non è mica facile far passare un messaggio del genere in questo momento. Il punto di vista generale sul mondo islamico è formato da improvvisati esperti mediatici (mo' ce sta er probblema dell'islàmme) e da accaniti allamiti/fallaciti, perlopiù incapaci di distinguere tra quanto è avvenuto nel 1219 da ciò che avviene oggi o di distinguere un musulmano che si fa saltare su un treno da un musulmano che il treno lo prende per andare in università o in ufficio. Anche ad essere in buona fede, l'italiano medio è, senza offesa, rimbambito dalle autentiche panzane che gli sono state propinate per anni da sussidiari e libri di testo di grande bizzarria. Nella migliore delle ipotesi, mamma li turchi sono dei panzoni con la barba e la scimitarra che si dilettano ad assediare Vienna prima di tornare ai piaceri equivoci e un po' peccaminosi di hammam e harem visti attraverso l'immaginario europeo (un esempio da manuale di proiezione nell'altro da sé delle proprie più inconfessabili pulsioni). Quanto agli arabi, si sa che hanno i cammelli. Vuoto pressochè totale sulla cultura persiana (chissà perché, pare che non sia esistita prima di Khomeini) e sulle dinastie dell'Asia centrale e dell'India.
Ci vorrebbe un pizzico di prospettiva e qualche buona lettura in più.
Marco Paolini ha descritto, con tutta la maestria di cui è capace, come le Colonne marciane, ossia il portone di ingresso al salotto buono della Serenissima, si aprano in prospettiva verso le distese marine dell'Adriatico e dell'Egeo, mica verso le campagne di Belluno. Sarebbe forse il caso di avvertire i venetisti contemporanei che il Leone di San Marco era la bandiera di una compagine profondamente mediterranea, multiculturale e mercantile, altro che l'orticello padano-alpino-cattolico che certuni sembrano vagheggiare.
Tanto pragmatici sono i mercanti veneziani che nel 1289 preferiscono far cadere Tripoli del Libano nelle mani del sultano mamelucco Qalawun al-'Alfi al-Mansur, piuttosto che accettare che i concorrenti genovesi eleggano un proprio podestà al governo della città, mettendo così in pericolo le loro quote di mercato. Pochi decenni prima, nel 1204, i veneziani avevano istigato la deviazione della quarta crociata dalla strada per il Santo Sepolcro verso Costantinopoli, allora capitale dell'impero bizantino, che viene orribilmente devastata e ridotta in servitù.
Basterebbe guardare Kingdom of Heaven di Ridley Scott per farsi un'idea di come andarono a finire i regni latini d'Oriente, al di là di tutta la retorica passata, presente e futura. Comunque, non c'è che dire: le Crociate sono state una brillante delocalizzazione di nobilucci in esubero, fanatici religiosi ed esaltati vari che in Europa non creavano altro che fastidio. Ci sarebbe quasi di che rimpiangere che sistemi simili non possano essere utilizzati ai giorni nostri per fornire un utile svago ai cascami di famiglie reali, bigotti vari ed esagitati da stadio.
La battaglia di Lepanto (1571)? Il garrire di gonfaloni e vessilli, gli standardi, le armi lucenti, le galee, gli eserciti? Il comandante della guarnigione di Famagosta crocefisso e scorticato vivo dai malvagi turchi? Tutto vero. Basta però ricordarsi che, pochi decenni prima (1522), il sultano ottomano Solimano il Magnifico ha concluso un trattato con il re di Francia, Francesco I. Mica l'ultimo dei fessi, tanto per dire. Il sultano concede, tra le altre cose, il regime delle Capitolazioni, che assicura ai mercanti "franchi", veneziani, toscani e genovesi tutta una serie di esoneri, privilegi e agevolazioni. Un po' come i contractors americani in Iraq al giorno d'oggi, verrebbe da dire.
Veneziani e turchi si massacrano voluttuosamente per il controllo di Cipro, Candia (Creta) e della Morea (il Peloponneso), ma poi, studiando i saggi di storia economica, si scopre che l'approvvigionamento alimentare di Costantinopoli dipendeva dalla rete di scambi tra grossisti turchi e veneziani. Questi ultimi continuano a costituire con gli altri mercanti e avventurieri europei un intero quartiere di Costantinopoli, quello di Galata (Pera), mentre a Venezia il Fontego dei Turchi accoglie i commercianti islamici (bosniaci, albanesi, turchi, arabi e persiani).
Dice: ma il declino di Venezia non è stata colpa dei turchi? Balle. In estrema sintesi: il declino di Venezia dipende dal declino dell'impero ottomano, il quale a sua volta dipende in parte dal declino delle grandi rotte commerciali via terra tra il Mediterraneo orientale, l'India e la Cina dopo l'apertura delle grandi direttrici transoceaniche. È la globalizzazione, bellezza. E quella non fa sconti per nessuno, nemmeno per la Scuola Grande di San Rocco.
En passant, uno dei pezzi esposti in mostra è un manoscritto medico ispirato all'Avicennae Liber canonis. Un piccolo capolavoro di scienza medica trasmesso dalla cultura islamica alla cultura europea. Al pari di Tolomeo, Ippocrate, Galeno e Aristotele, per fare qualche nome. Senza il tramite dell'erudizione islamica e uno scambio prolungato, irrigato anche dalle relazioni commerciali, la cultura europea non avrebbe, con tutta probabilità, prodotto Tommaso d'Aquino e neppure Marsilio da Padova e neppure il Rinascimento.
Forse sarebbe il caso di ricordarsi ogni tanto delle radici islamiche dell'Europa.
Venezia e l'Islam 828-1797
Palazzo Ducale, Venezia
Fino al 25 Novembre 2007, dalle 9 alle 19.
Ingresso: intero 10€, ridotto 8€.
Per saperne di più:
Sito della mostra
Runciman, Steven. Storia delle Crociate. Torino: Einaudi, 1993. ISBN 88-06-13260-1
Braudel, Fernand. Civiltà e imperi del Mediterraneo all'epoca di Filippo II. Milano: Feltrinelli, 2002.
İnalcik, Halil, and Donald Quataert (eds.). An Economic and Social History of the Ottoman Empire, 1300-1914. Cambridge: Cambridge University Press, 1994. ISBN 0-521-34315-1
4 Comments:
Io continuo a riportare avanti il famoso parcheggio di cui alla cena.il titolare del blogghe capirà benissimo. ;-)
A.
Te pòssino.
Bene,bene..sei riuscito ad andare a vedere la mostra nonostante tutti i tuoi impegni! :-)
La prossima volta non fare commenti così belli e pregni di informazioni...mi fai sentire in colpa per non esserci andato e risvegli il mio latente amore per la storia...ci manca solo questo! eheheheh...
Peccato che tu abbia potuto vederla e commentarla solo poco prima che chiudesse. Sei riuscito a incuriosirmi. Eppoi un'altra gitarella a Venezia l'avrei fatta volentieri. Pazienza...
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